Recensione Patagonia Express

Patagonia Express, un meraviglioso diario di viaggio

Ieri mattina, 16 Aprile, come prima notizia leggo della scomparsa di un grande scrittore, uno scrittore che mi ha accompagnato, con le sue mai scontate parole, nella mia ultima avventura prima del lock-down generale, Patagonia e Terra del Fuoco.

 Luis Sepùlveda non era un semplice scrittore, era un avventuriero, un attivista, un uomo con il quale la vita non è mai stata troppo morbida, fino al fatale incontro con questo nemico invisibile che stiamo fronteggiando tutti insieme, Covid-19.

 Prima di partire per la mia avventura lessi il suo Patagonia Express , un meraviglioso diario di viaggio pubblicato nel 1995.

 Il libro è  un tributo ad un altro grande della letteratura, Bruce Chatwin (che scrisse In Patagonia), con il quale, dopo averlo incontrato in un bar di Barcellona, avrebbe dovuto affrontare il viaggio. Purtroppo lo scrittore britannico venne a mancare poco prima della partenza.

Questo diario è un susseguirsi di storie di vita incredibili, un lungo viaggio a bordo di un leggendario treno, la Trochita (oggi diventata una discutibile attrazione, cadendo nella mercificazione del turismo), una serie di racconti e testimonianze che tiene il lettore sospeso a  metà tra realtà e leggenda. Patagonia Express non è unicamente la narrazione di un viaggio effettuato sul piano ‘fisico’, ma anche una vera e propria esperienza esistenziale.

 Il titolo originale del libro era “El andar se hace el camin, el camino se hace al andar” ovvero, è camminando che si fa il cammino…

 Un omaggio alla meravigliosa poesia di Antonio Machado, un elogio al viandante che tutti gli appassionati camminatori dovrebbero leggere almeno una volta nella vita, eccovela con traduzione :

 Caminante, son tus huellas

Viaggiatore, sono le tue orme

el camino y nada más;

il cammino e niente più;

Caminante, no hay camino,

Viaggiatore, non c’è cammino,

se hace camino al andar.

si fa il cammino camminando.

Al andar se hace el camino,

Camminando si fa il cammino,

y al volver la vista atrás

e volgendo lo sguardo indietro

se ve la senda que nunca

si vede il sentiero che mai

se ha de volver a pisar.

dovrai tornare a calpestare.

Caminante no hay camino

Viaggiatore non c’è cammino

sino estelas en la mar.

solo scie nel mare.

Sull’onda di queste parole, esattamente 3 mesi fa, mi trovavo seduto nella caffetteria Parador de Leona, sosta obbligatoria per spezzare il viaggio che, da El Calafate, cittadina dalla quale partono le escursioni per il famoso ghiacciaio Perito Moreno, ci porta a El Chalten, villaggio di partenza per varie escursioni, tra cui la più famosa per il massiccio del Fitz RoyPoggiata dolcemente sulla riva del Rio Leona, alle spalle la desolata Pampa e, a pochi metri di distanza dal Lago Viedma, questo apparentemente anonimo parador nel bel mezzo della Patagonia, è stato testimone, e a tratti protagonista, degli ultimi 120 anni di storia locale.

 La Leona…fu qui che, nel lontano 1877, Francisco Pascasio Moreno (esploratore al quale si deve il nome del famoso ghiacciaio, dove la parola perito sta a significare specialista,esperto) venne attaccato da un esemplare di Puma femmina,una Leona appunto come vuole lo slang locale, ma non solo…

 Tra gli altri personaggi, passò da qui anche padre Alberto De Agostini, che fu sì presbitero, ma anche esploratore, geografo, alpinista, fotografo, cartografo e scrittore, famoso per le sue esplorazioni in Patagonia e nella Terra del Fuoco. Lo so il nome suona familiare…difatti il fratello maggiore, Giovanni De Agostini, oltre ad essere anch’esso geografo, fu fondatore della famosissima casa editrice omonima.

 Ma la parte storica più interessante di questo luogo, citata anche nel libro di Sepùlveda, è quella che si riferisce al passaggio di tre Gringos da queste parti nel lontano 1905. Tre stranieri che erano da tempo ricercati dalle autorità locali, due uomini e una donna.  I due uomini in questione erano dei famosi criminali , famosi a tal punto da meritarsi, 60 anni dopo, un’interpretazione cinematografica magistrale da parte di Paul Newman e Robert Redford.

 Stiamo parlando di Robert LeRoy Parker e Harry Alonzo Longabaugh meglio noti come Butch Cassidy e Sundance Kid , membri fondatori del celebre gruppo di banditi del Wyoming, il mucchio selvaggio!

 I due, si sono meritati un posto nella storia grazie alla loro grande abilità nelle rapine, sempre effettuate rigorosamente senza vittime, e per la loro splendida e avventurosa fuga verso il Sud America, dettata dalla semplice e umana voglia di vivere liberi e felici lontano dalle dinamiche di una civiltà, che già allora, faceva sentire il suo ingombrante peso sulle spalle dei sognatori.  Fu guardando questa locandina, fedele riproduzione dell’originale, che mi vennero in mente le parole di Luis Sepùlveda :

 “Sento che ritorno in un mondo dove l’avventura non solo è ancora possibile, ma è la più elementare forma di vita.”

La Patagonia è questo…e tanto altro, chi ci è stato sa di cosa parlo.

Dalle distese sconfinate della pampa, ai chilometri di lingue ghiacciate del Parco Nazionale de los Glaciares, ogni angolo su cui si poggia lo sguardo è un richiamo al bisogno ancestrale di quegli spazi sconfinati ai quali i nostri occhi si sono ormai disabituati.  A bordo del pullman che da Ushuaia ci avrebbe condotto a Punta Arenas scrissi :

 ” Las Pampas sterminate terre di nulla…un “nulla” che ad un occhio più attento pare più un “tutto”… forse, in natura il “tutto” ha questo aspetto,perfettamente equilibrato nella sua malinconica e sfidante bellezza … siamo noi uomini, avidi esseri annoiati, che abusando di essa, riempiamo ogni centimetro disponibile di tutto il nostro nulla…

Le terre desolate della Patagonia mi hanno insegnato che là dove si perdono i confini visibili comincia la perfezione.” Un luogo, la Patagonia, che per essere assaporato necessita di pazienza ed armonia, dalla convivenza con il clima ostile che la avvolge tutto l’anno, alla coesistenza con il silenzio che pare entrare nell’anima come un commovente inno all’esistenza.

Luis sulla sua moleskine scrisse :

“Quel suono interminabile di pietre che si sgretolano a causa del violento sbalzo di temperatura è la migliore dimostrazione che anche il silenzio si può ascoltare.”

Ed io ho ascoltato… mi sono riempito cuore e occhi di quel silenzio, di quei vuoti; di quegli sguardi scolpiti dalla ostinata volontà di un popolo attaccato alle sue origini. Davanti al commovente spettacolo del Perito Moreno, ispirato dalle parole di chi mi aveva preceduto, scorrevano le mie, di parole, come fiumi sepolti sotto il ghiaccio in cerca di uno sbocco in mare…

“Fermo, immobile nella sua irreale maestosità eppur palesemente vivo, con i suoi profondi suoni di frattura e le sue tragiche cadute in mare. Un monito per chiunque lo ascolti con cuore aperto, una vasta tela su cui è dipinta la storia della nostra Terra, la nostra casa. In piedi da migliaia di anni nonostante tutto…acqua, vento, freddo…elementi alla base della vita. I ghiacciai mi hanno insegnato che anche ciò che sembra inerte, se ascoltato con attenzione, nasconde un ritmo pulsante assordante, il ritmo della vita, il ritmo che ho deciso di inseguire,il ritmo che scalda i cuori e fa danzare le anime.” In un giorno così tutta la mia gratitudine va a uomini come Luis Sepùlveda, uomini assetati di vita, grandi collezionisti di attimi, quegli attimi che possono essere assaporati solo porgendo lo sguardo verso l’abisso dell’incertezza e dell’ignoto. Semplici attimi che possono dare senso ad un’intera esistenza.

 Dopo la sua esperienza in Patagonia, ispirato dai racconti di  Francisco Coloane, Sepùlveda scrisse :

 “…vivere è un magnifico esercizio”

 Concordo pienamente Luis, possa il tuo esercizio continuare anche ora…mentre affronti questa ultima avventura. Riposa in Pace.

Recensione Patagonia Express