Zimbabwe, Botswana, Namibia, Sudafrica
Ho compiuto l'ultimo passo, e ora sono qui con la pelle che ha ancora i brividi, il cuore che batte forte e gli occhi lucidi, fermi su immagini, emozioni e ricordi che queste ultime tre settimane mi hanno regalato.
Mi trovo al Capo di Buona Speranza, punta estrema meridionale occidentale del grande continente africano, capolinea di questa immensa cavalcata di circa 7000 km che mi ha portato dalle cascate Vittoria in Zimbabwe , attraversando il Botswana e la Namibia, fino al Sudafrica.
Ho vissuto questo viaggio come un grande puzzle fatto di 21 pezzi, uno più bello dell'altro, esplorando e programmando tutte le tappe giorno per giorno. E' stato un viaggio OVERLAND allo stato puro , circa 6000 km in 21 giorni su strade anche dissestate, sabbiose e difficili. Non ho avuto il tempo di assaporare il posto in cui ero, poiché appena arrivato ero già pronto a partire per un'altra destinazione. Ma si sa i viaggi Overland sono così: itineranti, impegnativi, faticosi, ma anche capaci di regalarti un caleidoscopio di emozioni, forti ed uniche. Forse è proprio per questo che mi piacciono, per quella continua lotta contro il tempo, per quella spasmodica voglia di conoscere ed assaporare nuovi posti e di tornare a casa con qualcosa in più dentro al cuore e alla testa.
In questa avventura ho avuto ottimi compagni di viaggio ed un driver fantastico, il mitico Fanie, straordinario come persona e soprattutto come meccanico, che col suo mini truck uno Chevrolet del 1973 5000cc benzina, ferro allo stato puro (di elettrico aveva solo i fari), ha saputo rendere perfette queste 3 settimane. Il nostro primo incontro, fu decisivo, ero appena arrivato in Zimbabwe, e dopo aver espletato le lente pratiche del visto d'ingresso, tra me e Fanie fu subito intesa. Arrivammo al campsite stanchi ma felici, il pomeriggio lo trascorremmo ad organizzare la cucina da campo e a pianificare le prime tappe, come le maestose cascate Vittoria, spettacolari, anche se Ottobre non e' la stagione migliore per vederle al massimo del loro splendore.
Subito dopo ci rimetemmo in viaggio verso il Botswana, pochi km e arrivammo alla frontiera di Kasane. Sistemati in camp sulle sponde del fiume Chobe, velocemente ci imbarcammo su un battello fluviale.
Il Chobe è un fiume stupendo ed offre la possibilità di ammirare paesaggi straordinari che consentono di vedere molti animali come: impala, bufali, elefanti, ippopotami e coccodrilli e dulcis in fundo, per concludere la giornata, il tramonto, che in una sola parola racchiude il senso dell' AFRICA. Sia gli ippopotami che gli elefanti sono presenti in questa parte del parco più di qualsiasi altro animale, specialmente al tramonto, mentre il rosso del sole si perde tra le acque del fiume, e loro si trastullano giocosi sulle rive del fiume.
Alle 6.30 del mattino successivo eravamo già pronti per un'altra tappa quella del parco Chobe per il game drive. Entrare nel parco all'alba significa non solo non sapere dove guardare per l'incantevole paesaggio, ma anche respirare gli odori di quella realtà che magicamente stai per fare tua. E' riduttivo e difficile scrivere cosa si può provare alla vista di un leopardo sopra un albero, una leonessa, elefanti, impala ed altri animali. Ripartimmo presto, perché ero intenzionato a raggiungere Kubu Island per il tramonto. Il tragitto fu lungo ma riuscimmo ad arrivare a Kubu mentre iniziava l'imbrunire. Il paesaggio sembrava surreale, un orizzonte sconfinato; eravamo nella grande salina del continente africano. Kubu Island è un piccolo altopiano ricco di baobab immerso in questa sconfinata salina, campeggiare qui significava solo scendere dal truck e montare la tenda, intorno non c' era nulla, eravamo da soli ed era semplicemente meraviglioso. A Kubu Island ci fermammo anche per l'alba, il sole si alzo' dalla terra come un' immensa palla di fuoco, lo spettacolo era incantevole, non c'era un' ombra di vento e nessuno di noi osò dire una parola , quel momento fu come se fosse stato sacro. Partimmo puntuali alle 8.30, per percorrere i circa 80km che ci separavano da Gweta impiegammo 4 ore, la strada era molto impegnativa!! Facemmo una sosta tecnica a Planet Baobab dove fotografammo questo lodge pieno di baobab secolari e alle 16.30 arrivammo a Maun; punto strategico per poter ammirare il delta dell' Okawango. Quest'ultimo è il secondo più grande al mondo, dopo quello del Niger, e rappresenta uno degli ecosistemi più insoliti del pianeta. La nostra permanenza in Botswana termino' col game drive al Moremi reserve che ci regalo' gli ultimi scampoli emozionali di una giornata intensa.
Il giorno successivo ci svegliammo alle 4.00 per giungere alle 12 al confine con la Namibia. Alle ore 13.30 eravamo alle Popa falls, avevamo tutti bisogno di una sosta, così ci rilassammo nelle fresche acque del fiume, ma...quando si sceglie di fare un viaggio come questo, si deve tener conto anche dell'imprevisto e infatti, mentre ero immerso nei miei pensieri senti' delle urla; Augusto era appena scivolato su una roccia e disse di essersi rotto il ginocchio. Lo rassicurai dicendogli che al primo ospedale lo avremmo fatto controllare. Alle 17.00 arrivammo a Rundu e anziché andare al camp ci recammo subito in ospedale, dove gli vennero prestate tutte le cure mediche. Ritornati al camp la stanchezza ci prese e andammo a dormire, ma l’emozione di dormire al confine con l’Angola era forte.
Nel raccontare viaggi come questi, per chi legge, sembra tutto molto faticoso, l'alzarsi prestissimo al mattino, avere solo il necessario, adattarsi a tutte le situazioni e invece per chi vive quest'esperienza direttamente non si avverte alcun peso, solo il desiderio di vedere ciò che i tuoi occhi mai avrebbero creduto di poter guardare. Così, la mattina seguente alle 6.00 si ripartì per l’Etosha park. Strada facendo acquistammo i viveri necessari e andammo spediti all’ingresso del Parco.
Lo scenario si presentò subito diverso dal Botswana qui era savana brulla e selvaggia, lungo il tragitto avvistammo animali come giraffe e zebre. Il giorno successivo, mentre eravamo tutti pronti per il game drive, si presento' un problema con il truck, ma Fanie seppe risolverlo prontamente, o almeno così credevamo, visto che poi nel bel mezzo della savana il truck ci abbandonò nuovamente! Fu panico totale, impiegammo circa un' ora prima di ripartire, consapevoli che non avremmo potuto proseguire ma arrivare direttamente ad Okaukuejo per non correre rischi con il mezzo. Ma proprio nel momento dello sconforto piu' assoluto per questo cambiamento di programma, davanti a noi si presentò una scena da documentario, il leone re della savana sotto un albero e poco più avanti a circa 50 mt due elefanti cosparsi di fango che baciati dal sole sembravano avere un colore avorio. Erano posizionati l'uno di fronte all'altro, tutt'intorno springbok, orice e zebre completavano la cornice maestosa ed unica della savana. Forte era l' emozione, eravamo tutti consapevoli di assistere ad una scena unica!Questa è un' Africa che cattura, rapisce! Ripartimmo, ma ora era tutto diverso, vivere quel momento ci aveva soddisfatti ed appagati. Alle 13.30 arrivammo al camp, davvero stupendo e dopo un pomeriggio rilassante non poteva mancare un altro tramonto, bello da togliere il fiato, un' intensità di colori nel cielo che solo l'Africa riesce a regalare. Altro giorno, altra tappa questa volta al villaggio Himba. Il capo villaggio ci accolse a braccia aperte, mostrandoci i loro usi e costumi. Il gruppo fu contentissimo, tutti soddisfatti, dopo tanti paesaggi quest'incontro antropologico completava davvero questo già magnifico viaggio. Gli Himba sono chiamati anche i "pellirossa" d'Africa e le donne sono molto particolari per le loro pettinature, indossano pochi capi di vestiario, si coprono il corpo con un mistura rossa a base di burro, ocra ed erbe, secondo quanto si ritiene comunemente, per proteggersi dal sole, ma in realtà è per fattori puramente estetici.
Neppure il tempo di adattarsi ed eravamo già diretti verso una nuova meta: Palmwag. Arrivammo al camp e non trovammo posto, fummo così costretti a dormire nel parcheggio antistante il camp. Il bello di viaggiare con persone che vogliono veramente fare un'esperienza del genere e' che in situazioni simili non ci si lamenta...e poi mai nessuno può dire cosa ti riserva un inconveniente, infatti, fummo avvicinati da 2 elefanti mentre montavamo le tende; una scena meravigliosa, gli animali erano docili e noi restammo immobili a guardare i loro movimenti. La predisposizione d'animo è fondamentale per vivere appieno l'avventura!
Altra direzione Skeleton coast, e direi anche altro scenario. Arrivati al gate non ci mettemmo molto a comprendere perché ci fosse quel cancello con 2 teschi. D' improvviso quello che era un tempo sempre bello, con tanto sole ed un cielo sempre terso diventa freddo, nuvoloso e con un paesaggio lunare. Una volta entrati, lessi che era possibile fermarsi in un point chiamato Toscanini per ammirare l'oceano che si abbatte sulle coste, e guardare i resti di navi dei secoli passati che si erano infrante lungo la costa, ma purtroppo c'era il divieto di stop e si poteva solo transitare. Arrivammo però ad Huab lagoon e ci fermammo per fare diverse foto, faceva tanto freddo, ma lo spettacolo che si presentò' dopo poco a Cape cross, con la colonia di otarie, ci riscaldò' l' animo. Il paesaggio era molto bello, l'oceano tempestoso che sferzava le sue onde contro la costa e le otarie che restavano immobili di fronte a tanta veemenza erano uno spettacolo mozzafiato. Il tempo di rimetterci in viaggio e Fanie si accorse di aver rotto il cuscinetto della ruota anteriore destra, eravamo nuovamente in mezzo al niente con pochi mezzi che passavano e un freddo tremendo! Fortunatamente dopo quasi un'ora ci soccorse un'auto, ma per ripartire trascorsero ben 5 ore. Ormai era tardi, tardissimo e forse non ce l'avremmo fatta ad arrivare a Spiztkoppe, e sarebbe stato un vero peccato. Bastò uno sguardo con Fanie e senza dire nulla ci capimmo al volo, spinse il piede sull'acceleratore e miracolosamente dopo 2 ore vedemmo ergersi di fronte a noi in mezzo ad una piana sconfinata sua maestà Spiztkoppe, il Cervino d'Africa! Bello, bellissimo, ha un colore rosso con tante striature, siamo tutti stracontenti anche perché riuscimmo ad arrivare in tempo per il tramonto. Un mix di colori nel cielo mai visti prima, eppure eravamo da circa 2 settimane in Africa e di tramonti belli ne avevamo visti, ma stavolta c' era qualcosa di magico, i colori erano diversi, intensi.
Montammo le tende al buio, stanchi ma felici, ci regalammo una bella doccia, fatta con pietre a secco e senza tetto, praticamente ti lavavi guardando il cielo pieno di stelle.Questa è una di quelle giornate che nella vita non dimentichi più, quelle giornate che ti segnano, che ti rendono felice e consapevole di quanto sei fortunato e che la vita è bella. Sarà che dopo questi paesaggi, tutto sembra un po' stonato e così, il giorno successivo l'arrivo a Swakopmund e l'alloggio nei lodge non ci entusiasmo', forse perché ci sembrava un ritorno alla "civiltà" e ancora non eravamo pronti.
Ripartiammo successivamente in direzione Walvis bay per vedere i fenicotteri rosa, spettacolo discreto ma niente di eccezionale, i fenicotteri sono belli ma lo scenario circostante è un agglomerato di case. A Sesriem, fummo travolti da un vento fortissimo, infatti avemmo difficoltà a montare le tende. Nella tappa successiva fu importante arrivare prima delle 18 e pernottare nel parco a Sesriem poiché l'indomani avremmo visto l'alba dalla famosa Duna 45 ed il parco apre per i visitatori alle 6.00 troppo tardi per arrivare alla duna in tempo e vedere il sole che sorge. Alle 6.05 eravamo sotto la duna, cominciammo la scalata di 365mt, la salita è veramente impegnativa e comincio' a mietere le prime vittime, faceva freddo e tirava un vento fortissimo con sabbia dappertutto, ci vuole una certa preparazione fisica per salire in vetta, ma soprattutto farlo in tempo, prima che arrivi l'alba. Mentre salivo, ero a piedi nudi perché volevo sentire il contatto con quella sabbia rossa, ricordo di aver provato una strana sensazione, mi sentivo quasi come un vampiro al contrario, non vedevo l'ora che arrivasse il sole e si infrangesse sulla duna e su me stesso. A godere dello spettacolo in cima con me c'era solo Luca un'emozione indescrivibile guardare la duna che cambia colore mentre il sole si innalza, ci abbracciammo e scattammo un po' di foto, dopo poco riuscì ad arrivare in vetta anche Raffaella, felici riscendemmo dalla duna rotolando nella sabbia.
Lasciate le dune ci recammo verso Solitaire dove ci fermammo per il pranzo. Solitaire è un simpatico agglomerato di poche case con carcasse di auto antiche, pompe di benzina del 1950, uno shop totalmente arredato con modernariato e un' incredibile bakery, qui Fanie ci disse di prendere la torta di mele più buona del mondo, e c'è da fidarsi! Arrivammo a Seeheim alle 18, l'hotel era davvero molto carino, eravamo stanchi e decidemmo di dormire in hotel abbandonando per una notte le tende.
Ormai eravamo alla fine del tratto namibiano e il truck correva diretto per il Fish river canyon, il secondo più grande al mondo. Lo spettacolo è maestoso anche se difficilmente rappresentabile in foto, camminammo lungo le sue creste per circa due ore godendo di panorami meravigliosi dove il silenzio regnava sovrano. La Namibia mi è entrata nel cuore, i suoi colori, la sua gente, i suoi silenzi sono unici. Intanto il viaggio proseguiva per il Capo di Buona Speranza. Questo ritorno alla civiltà quasi ci disturbava, ma eccoci a Cape town, da lontano si scorgeva la famosa Table mountain e quindi come una calamita venimmo attirati, decidemmo di andare dopo in hotel ed approfittare del tempo bello per visitarla. Il panorama sulla città era mozzafiato ed esplorammo per circa un' ora parte del parco scattando tante foto. Ripartimmo poi alla volta del Capo di Buona Speranza, lungo la strada, che costeggia il mare, ci fermammo più volte per foto e brevi visite, mano a mano che ci avvicinavamo al Capo sentivo crescere dentro di me sensazioni fortissime. Avevo gli occhi lucidi per l'emozione e finalmente apparve in tutta la sua sconfinata bellezza the Cape of good hope, non riuscì a trattenere le lacrime.
Così dopo una breve salita arrivai al View point e ammirai l'immensità dell'oceano, ricordo di essermi seduto sulle rocce e di essermi sentito da solo con me stesso, occasione per riflettere sul viaggio e su quanto sono fortunato. Adesso ero davvero al capolinea, non avevo scoperto nulla, né conquistato niente, semplicemente mi piaceva trovarmi in solitudine ai confini del mondo, al limite delle terre emerse, e poter anche solo immaginare, respirando quell'aria, ciò che un luogo simile avesse significato per i navigatori di epoche passate, mi rendeva felice.
Il viaggio volgeva al termine e si concluse con la simpatica visita alla colonia di pinguini a Simon's town. Finita la visita risalimmo sul truck ma questa volta era l'ultima! Aveva un sapore amaro quel tratto che da Simon's bay ci riportò all'hotel, questo simpatico e bizzarro mezzo del 1973 da 5000cc a benzina, era stata la nostra casa per 3 indimenticabili settimane, lo abbiamo amato per le grandi emozioni che ci aveva permesso di vivere e odiato quando eravamo travolti dalla polvere che entrava dagli innumerevoli spifferi d'aria, ma una cosa era certa: quel mezzo era stato parte del viaggio stesso.