Racconti di viaggio Marocco Marrakesh

Marocco

E’ tempo di conoscere un altro Marocco, forse più autentico, sicuramente più selvaggio. Le Gole di Ziz segnano l’ingresso in questo nuovo mondo, fatto di tante montagne, rocce, sabbia ed abitato da persone straordinarie, i Berberi. Fes è alle mie spalle e con lei anche il caldo, di colpo lo scenario cambia sensibilmente,  il freddo e la pioggia prendono il sopravvento. Sono in Marocco? Mi viene da pensare, passa appena un’ora di viaggio ed eccomi ad Ifrane, a questo punto davvero mi chiedo il Marocco conosciuto finora dove è andato a finire. La città è carina, difatti è considerata la più pulita al mondo, tanto da farle guadagnare il soprannome di piccola Svizzera. Le case hanno il tetto spiovente e giardini curatissimi, qui ha sede l’università dei ricchi, la Oxford del Marocco. Circondata da un’immensa foresta di cedri, manca di un requisito per me essenziale, l’autenticità, ed allora non mi resta che proseguire il viaggio. Lasciato il freddo di Ifrane lo scenario cambia nuovamente, la bella foresta lascia spazio a colline brulle dal colore giallognolo su cui sorgono piccoli villaggi, molti semidistrutti e consumati dal tempo. Un villaggio in particolare attrae la mia attenzione, decido di fermarmi, sembra disabitato, ma poi camminando incrocio dei bambini, mi salutano timidamente ed io non perdo tempo per conoscerli. Come sempre in questo caso sono gli occhi a parlare, trascorro alcuni minuti davvero intensi, i bambini non hanno malizia e si avvicinano spinti solo da una sana curiosità, purtroppo devo continuare il viaggio, avrei voluto fermarmi più tempo, ma entro sera devo arrivare alle Gole di Ziz. Le gole prendono il nome dall’omonimo fiume che le attraversa, sono belle ma non mi entusiasmano molto ed allora dopo essermi incamminato lungo il fiume, noto un piccolo agglomerato di case, mi avvicino ed un ragazzo sull'uscio della porta salutandomi mi invita a conoscerlo. Le pareti della casa sono costruite con terra cruda, ossia un impasto essenzialmente costituito da fango e fieno, il soggiorno ha solo un divano lungo con tappeti stesi a terra, la camera da letto delle stuoia come materasso e polverose coperte a coprirle, la cucina è un ambiente grande nel quale c’è solo un frigorifero ed un piccolo tavolo di plastica. Assah mi racconta la sua vita ma è molto più attirato e curioso di conoscere la mia, vive con i genitori che sono a lavorare nei campi, con lui in casa la zia e la cugina. Mi chiede se ho visitato altri paesi dell'Africa e se nelle altre nazioni parlano l’arabo. Assah è un ragazzo in gamba, ma purtroppo come molti giovani marocchini è povero e sarà destinato a vivere una vita priva di opportunità. Mi sorprende la sua semplicità, il modo in cui affronta il quotidiano, ma anche la naturale rassegnazione a vivere una vita piena di sogni che mai si realizzeranno.

Dopo aver attraversato le Gole l’autobus mi porta nella cittadina di Merzouga, porta d'ingresso per Erg Chebbi, uno dei deserti con le dune più alte del mondo, fino a 130 metri di sabbia! Sono circa le cinque del pomeriggio quando in sella ad un cammello comincio il tragitto verso il campo tendato che mi ospiterà per la notte, il vento, assente all'inizio, comincia a soffiare forte, così forte da diventare fastidioso. Le tende hanno dei materassi atterra, non fa tanto freddo ed allora decido di salire sulla duna vicina per guardare le stelle.  

Mi sveglio presto per guardare l’alba, ma una leggera foschia annebbia tutto, rientro in tenda e dopo essermi preparato ritrovo il mio cammello pronto a riportarmi a Merzouga. Un’altra giornata in viaggio, attraversando scenari incredibili, mi porta all’ingresso delle Gole del Todra. Il primo impatto non mi sorprende, ma devo subito ricredermi. Decido di attraversare  in jeep il percorso che congiunge le Gole del Todra a quelle di Dades, chilometro dopo chilometro il paesaggio cambia completamente e la strada completamente sterrata è una vera e propria pietraia. A pochi metri dal ciglio della strada una tenda richiama la mia attenzione, chiedo al driver di fermarsi. Voglio scendere, voglio vedere chi vive in quel posto. Cominciano a correre verso di me, sono due donne, forse madre e figlia, la piccola è più veloce ed in poco tempo arriva a pochi passi da me, di colpo si ferma e mi osserva, ho la macchina fotografica in mano e scatto una foto. Appena dopo il click quella bimba è tra le mie braccia, mi stringe esattamente come una figlia stringe il proprio padre. Lei è Assur vive in una tenda lungo le Gole del Todra e la sua è una famiglia di etnia berbera; sono nomadi. Assur ha la stessa età di mia nipote, ma non ha la sua stessa fortuna. Assur ha le mani di una donna di settant’anni, ha delle scarpe rotte, vestiti stracciati in più punti, non si lava chissà da quanto tempo, e forse non avrà mai una vita felice, di certo non sta vivendo un’infanzia degna della sua tenera età; un’infanzia che ogni bambino di questo mondo ha il diritto di vivere!

Vorrei restare con Assur e con la sua famiglia più tempo, ma il driver mi reclama e devo ripartire. La valle del Todra offre paesaggi incredibili, le pareti delle montagne sembrano esser state modellate dalla mano sapiente di un’artista, diverse tonalità di rosso si mescolano al marrone sabbia, ma la mia mente è ferma in quella tenda, negli occhi e nelle mani di Assur. Lungo la strada altre tende di mimetizzano al paesaggio circostante che comincia nuovamente a cambiare, enormi blocchi di roccia  minacciosamente sovrastano la mia testa, sono nelle Gole di Dades. Il Marocco è davvero incredibile e questa parte che sto visitando emana un’energia particolare.

Pernotto nella città di Ouarzazate, chiamata anche la Hollywood del Marocco, ad un’ora di auto si trova la Kasbah Tabouriht. La più bella e sicuramente la più autentica visitata finora. Mi perdo per i suoi vicoli, fatti di mura diroccate e tanta polvere, sembra disabitata ed invece scopro che ci vivono circa venti famiglie. Una signora sull’uscio della porta mi invita ad entrare in casa. Resto esterrefatto. La casa è provvista di tutto: energia elettrica, acqua e soprattutto è arredata finemente.  Incredibile osservare con i propri occhi come in un luogo che sembra abbandonato vivano tante persone e soprattutto in condizioni igienico-sanitarie buone. Nel pomeriggio visito il sito di Ait Benhaddou, nata come città fortificata, lungo la rotta carovaniera tra il deserto del Sahara e l'attuale città di Marrakech, sembra la location di un film e difatti mi dicono che qui hanno girato alcune scene del film “Il gladiatore”. Marrakesh è già nell’aria, ma prima bisogna attraversare il Passo Tizi-n-Tichka ad oltre 2200mt di altitudine. Il clima cambia repentinamente, piove e fa tanto freddo, sembra di essere ritornati ad Ifrane, ma fortunatamente dopo averlo percorso il clima torna di nuovo fresco e mite.  Marrakech, la città che ha dato il nome al Marocco apre le braccia ai turisti di tutto il mondo, chiunque visita questo paese non può partire senza aver visitato questa città. Il simbolo ed il cuore pulsante di questa città è l'immensa piazza Jamaa el Fna, qui tutte le anime del Marocco prendono vita: venditori, incantatori di serpenti, predicatori, imbroglioni. La medina è un miscuglio di colori ed odori intensi, basta uscire dalle stradine principali per perdersi in un mondo antico dove alcuni mestieri vengono ancora praticati come secoli fa. Quando il Muezzin richiama i fedeli alla preghiera un’energia particolare si avverte nell'aria. Marrakesh è diversa dalle altre città del Marocco, si è vero, i suoi vicoli sono pieni di negozietti e venditori di ogni cosa, ma si respira un’aria diversa, te ne accorgi perché sono i marocchini che ne vivono il fascino in prima persona, è la loro città.  

Questa grande cavalcata volge al termine e l’ultima tappa è la città di Essaouira chiamata anche la città del vento e famosa per l’olio di argan, estratto dai semi dell’omonima pianta. Sono quasi arrivato ad Essaouira quando, lungo la strada, noto una scena atipica, capre su un albero! Mi fermo e noto che le capre sono state messe sull’albero dai pastori che per pochi dirham fanno fare ai turisti la classica foto di rito. I semi di argan, infatti, vengono dapprima masticati dalle capre che poi dopo averli rigurgitati sono colti dal pastore e successivamente lavorati per ottenere l’olio.  Essaouira ha un’evidente impronta portoghese, il bianco e il blu colorano le sue mura e l'odore di salsedine portato dal vento si sente in tutti gli angoli della medina. Nel porto sono ormeggiati numerosi pescherecci che riforniscono l'asta del pesce ogni giorno e barconi di legno in costruzione. Mi lascio il porto alle spalle e dopo una bella passeggiata lungo l’enorme spiaggia concludo la giornata tra i vicoli colorati della medina.

Ormai il viaggio è finito e rientro a Casablanca. Questa volta la città ha un sapore diverso, forse perché adesso conosco qualcosa di più di questo paese, qualcosa di più dei suoi abitanti, qualcosa di più di cosa cercano e di chi sono. Il clima, i paesaggi spesso aridi e brulli hanno plasmato un popolo indipendente con una forte personalità, ribelle e dall’animo nomade, proprio come il vento che forte soffia le sue terre, lo scirocco.

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