Il Paese da un milione di Elefanti
Il Laos viene anche chiamato la terra da un milione di Elefanti. Un viaggio in Laos è un viaggio che non ti aspetti, serenità, amore e tempo per riflettere sono una costante che mai ti abbandona.
Ho cominciato questo viaggio alla scoperta di questo Paese partendo dal confine thailandese.
Sono a Chang Rai in Thailandia e questa mattina la sveglia suona molto presto, giusto il tempo di chiudere lo zaino con le ultime cose e già sono per strada alla ricerca di un tuk tuk che mi accompagnerà alla Old Station di Chang Rai. Parto alle 4.50 con gli occhi che tendono a chiudersi, il bus è freddo ed almeno questo fa si che resti sveglio. Dopo 2 ore di viaggio mi trovo catapultato al confine col Laos. La cittadina di Chiang Khong al confine col Laos è distante da Chiang Rai circa 120 km e il tragitto, un paio di ore è davvero bellissimo, un alba magnifica e la musica che ascolta rendono questo avvio di viaggio meraviglioso. Finalmente ci siamo! Prendo il bus di collegamento tra le due frontiere (fino a qualche mese prima le frontiere si attraversavano in battello, visto che il Mekong qui è largo solo 500mt) e dopo aver espletato le formalità d’ingresso mi ritrovo a Huay Xai punto d'imbarco dal quale partono le famose Slow boat che navigano lungo il mitico Mekong. Attendo un po prima di partire, perché i laotiani aspettano che la barca sia prima stracolma di gente per farla partire. Comincio questo meraviglioso viaggio fluviale che con 2 giorni di navigazione mi condurrà alla favolosa Luang Prabang. La navigazione scorre lenta lungo il fiume, e tra panorami mozzafiato e chiacchiere con persone di tutto il mondo mi ritrovo a Pak Beng. Dovevo fermarmi solo per una notte...ed invece mi fermerò per due giorni!
E’ un luogo idilliaco, c’è davvero poco dal punto di vista “infrastrutturale-turistico” Basta uscire dalla strada principale per entrare in un mondo da favola, mi ritrovo nel mezzo di una terra così rossa da pensare che l’abbiano colorata apposta. In alcuni tratti il fiume si allarga, rallenta e diventa un laghetto tranquillo, dopo qualche ansa, scorre di nuovo veloce creando dei vortici rumorosi, poi, ancora, si separa in due, tre, diversi corsi, abbraccia una piccola isoletta per poi tornare all’ampiezza iniziale. Fanno da contorno campi di riso, coltivazioni di mais, bufali d’acqua, papere, alcuni templi buddista e come se non bastasse, su una delle sponde lungo il fiume si trova un villaggio Khmu nel quale sembra che la vita segua il ritmo dello scorrere del fiume. Nel villaggio, trascorro diverse ore, osservando gli uomini intrecciare i cestini con il bambù tagliato in strisce sottili, i bambini giocare ad una specie di “campana” , mentre i più anziani mi accompagnano e mi parlano solo per il piacere di condividere ricordi. Ma …le donne …già ….dove sono? Sono tutte in acqua, dalla mattina alla sera, a raccogliere, ma forse è più corretto a pescare, una sorta di alga di fiume, che chiamano “khai paen” che mettono poi a seccare e mangiano assieme al loro pasto principale, composto da riso o noodles.
E’ duro lasciare questo posto, poiché la pace e la serenità provata sono sensazioni a volte difficile e rare da provare, il Laos è davvero un posto che sorprende. Il viaggio prosegue ed il panorama che mi mostra il Mekong è idilliaco, si susseguono villaggi Khmu, Hmong e Lao Len nei quali ci fermiamo per foto e visite estemporanee rapiti dagli splendidi scenari che si susseguono. Arrivo a Luang Prabang in tardo pomeriggio e subito e amore a prima vista: Dorata, verde, pacifica, bella. Ci sono tantissimi turisti: la sera si riversano immancabilmente sulle strade, disperdendosi tra le miriadi di bancarelle di artigianato del night market, ma di giorno, si riesce facilmente a trovare angolini deliziosi e tranquilli. Mi sistemo in una bella guest house sul lungo fiume e trascorro la sera ammirando il lento scorrere del Mekong. I francesi qui sono dappertutto, gestiscono diversi ristoranti ed agenzie di viaggio. Prenoto una gita in barca per visitare grotte e cascate. La navigazione tocca alcuni villaggi, tra cui quello dei distillatori di whisky dove la pace fa da contorno all’odore dell’alcool ottenuto dalla fermentazione del riso. Le grotte di Pak Ou sono molto interessanti. Qui, come in altri luoghi dell’Indocina, ci sono caverne nelle quali i fedeli, negli anni, hanno accumulato una moltitudine di statue votive del Buddha. In questa pare ce ne siano addirittura 5000! Rientro a Luang Prapang per un pranzetto sul fiume, per poi subito ripartire via terra per il Tat Kuang Si Park. Le cascate sono piacevoli, non molto alte ma, precipitando a valle, formano delle pozze di acqua cristallina dove molti, soprattutto ragazzi, si tuffano, nonostante l’acqua non sia propriamente calda! E’ bellissimo osservare come il colore delle acque muti a seconda della profondità e della luce del sole che penetra tra gli alberi.
Un secondo valido motivo per venire qui, è che c’è il Bear Rescue, un piccolo centro di recupero di orsi asiatici, salvati da traffici illegali da parte di personaggi senza scrupoli che li catturavano e imprigionavano, allo scopo di estrarre dalla cistifellea, la bile, richiestissima e strapagata, a cui vengono attribuiti poteri curativi miracolosi. Fortunatamente dal 2003, grazie all’intervento dell’australiana “Free the bears”, è stato creato questo spazio protetto che con il contributo economico dei visitatori, riesce a preservare gli animali dalla cattura e dall’estinzione. A Luang Prapang c’è un piccolo museo etnico che, a mio giudizio, è imperdibile. Al suo interno sono rappresentate tutte le etnie che popolano o hanno abitato nei secoli il Laos, con molti riferimenti ai loro usi e costumi.
Le giornate a Luang Prapang trascorrono con una serenità quasi surreale tra passeggiate e tramonti spettacolari dal Mount Phousi, scoperte continue di templi e pagode diverse.Vicino al night market tutte le sere sulla strada, vengono allestite tantissime bancarelle con decine di tegami contenenti alimenti diversi, con i quali riempirsi il piatto, al costo di 1 solo euro, oppure se si intende aggiungere alle pietanze uno degli enormi pesci o polli cotti sui barbecue, si arrivano a pagare ben 2 euro! Ceno qui quasi ogni sera, e non lo faccio per risparmiare, ma perché il contatto con tutta questa umanità avvicinata dal cibo mi piace molto. Parto per Vang Vieng con un Mini Van, la strada è bellissima, ma sicuramente per chi soffre l'auto non è il massimo perchè è un succedersi di curve e tornanti! le pause sono diverse, una delle quali utilizzata per il pranzo. Arrivo a destinazione in serata e dopo un modesto panino sono a subito a letto. La mattina seguente mi sveglio presto e dopo aver noleggiato uno scooter comincio a scorazzare nelle località vicine. Subito vengo avvolto da paesaggi bellissimi, risaie sovrastate da imponenti formazioni carsiche, villaggi Hmong e tantissime grotte, dove i più pavidi possono entrare e visitarne le cavità per poi, spesso, trovare statue del Buddha all'interno. E poi, come non menzionare le meravigliose pozze di acque cristalline della “Blu Lagoon” dove tuffarsi per un rinfrancante bagno!
A fine giornata mi godo un altro splendido tramonto sul fiume Nam Song sorseggiando una Beer Lao e programmando la mia ripartenza per la capitale Vientiane. Stavolta mi tratto bene e viaggio con Vip bus, che di Vip ha solo il nome, di fatti impiego ben quattro ore e mezza con una velocità media di crociera 30 km/h. Vientiane conclude il mio viaggio in Laos ed in verità mi delude. Sapevo già che non mi avrebbe entusiasmato, la capitale difatti non regge il confronto con Luang Prabang. La visita al Wat Si Saket, con tantissime statue del buddha, rappresentato con le mani nelle diverse posizioni (Mudra) che distinguono i comportamenti indicanti i temi basilari del buddismo è di certo la cosa più interessante da visitare.
Il mio viaggio in Laos termina qui, decido infatti di rientrare con bus notturno a Bangkok dove mi aspetta un volo per l’Italia. Mentre sono in bus prendo coscienza di quanto vissuto in questi 10 giorni e mi torna alla mente una canzone, la cui strofa finale recita: “with eyes that watches the world and can’t forget…”, che rispecchia fedelmente il mio pensiero in quell’istante.