Islanda...Terra del fuoco
Sono già le sei del pomeriggio ed il tempo perso in aeroporto ci frena dal pensare ad eventuali uscite pomeridiane. Dopo aver preso possesso delle stanze al b&b, timidamente ci incamminiamo verso il centro di Keflavik che, ci dice la ragazza della reception, dista circa 45 minuti a piedi. Il freddo intenso, ma soprattutto la pioggia incalzante ci fanno presto tornare sui nostri passi e chiamiamo un comodo taxi che in pochi minuti ci lascia sulla strada principale della città. Keflavik è davvero brutta, pochi negozi, qualche supermercato e case edificate qua e là senza alcun gusto urbanistico. Visti gli alti prezzi dei ristoranti, circa 45 euro per un piatto, ci accontentiamo di cenare in una tavola calda cinese. Sono ormai le dieci di sera quando dopo aver saluto i ragazzi vado nella mia camera, passa qualche ora ed ecco arrivare gli ultimi componenti del gruppo, che partiti da Milano avevano fatto un lungo scalo a Copenaghen.
La sveglia suona presto, un ritornello che si ripeterà per tutto il viaggio. Sono appena le sette del mattino e tutto il gruppo si ritrova compatto in sala colazione. Dopo aver fatto un piccolo briefing pronti e felici ritorniamo in aeroporto per ritirare le auto noleggiate. Ribadisco all’ufficio lost & found che per la notte saremo a Skogar, circa 200km a sud di Keflavik e speranzosi nell’arrivo dei bagagli partiamo per visitare il famoso Circolo d’oro.
Lasciata la penisola di Reykjavik, di colpo siamo immersi nella natura selvaggia, dove il colore bianco diventa il protagonista assoluto. Basse montagne completamente innevate fanno da sfondo a piccoli laghi ghiacciati, la stra da è meravigliosa. In poco tempo arriviamo a Pingvellir, luogo famoso alla storia per aver ospitato il primo parlamento islandese nel 930 d.c. ed anche perché qui si trova l’enorme “frattura” che evidenzia la separazione delle placche continentali di Europa e America. Poco distante c’è Geysir, la sorgente calda per antonomasia, quella da cui tutti gli altri geyser del mondo hanno preso il nome. Il re incontrastato è lo Strokkur, il più potente di tutti, tanto forte che il suo getto può arrivare fino ad un’altezza di 60mt. Trascorriamo circa un’ora divertendoci come bambini nell’aspettare che lo Strokkur emetta tutta la sua forza.
Poco distante da Geysir c’è Gullfoss, la cascata d’oro, la più bella d’Islanda. Resto incantato ad osservare la sua sconfinata bellezza, che con uno spettacolare doppio salto di 32mt ed uno strano e particolare intreccio di più cascate, grandi e piccole riversa tutta la sua portata in uno stretto canyon.
La strada che da Gullfoss conduce a Skogar attraversa paesaggi bucolici, contornati da piccole fattorie e tanti cavalli. E’ affascinante osservare come lo scenario intorno a noi cambi in continuazione, difatti una volta arrivati lungo la costa il mare agitato infrangendosi lungo le coste frastagliate crea un’atmosfera quasi mistica.
E’ ormai buio quando arriviamo a Skogar, piccolissimo agglomerato di case nato per dare alloggio ai turisti in transito lungo la costa sud orientale. Ci sistemiamo nell’ostello che avevo prenotato dall’Italia ed ecco che mentre decidiamo cosa cenare, arriva la tanto attesa auto dall’aeroporto con le nostre valigie, contenti come bambini apriamo gli zaini come fosse arrivato Babbo Natale.
La strada adesso si tiene costante lungo la costa, dopo poco facciamo una prima sosta alla spiaggia nera di Dyrholaey, il cui sfondo è contornato dai meravigliosi faraglioni di Reynisdrangur, ma anche oggi le cose da vedere sono tante ed allora ripartiamo subito entrando nella regione del Myrdalssandur.
Il paesaggio è veramente bizzarro, le rocce laviche di cui è piena la zona sono ricoperte da un muschio spesso circa 30 cm che crea un paesaggio da fiaba, la leggenda infatti narra che in queste terre si nascondano gli elfi, come non crederci! Ed ecco apparire sulla nostra sinistra l’enorme ghiacciaio Vatnajokull, il più grande non solo d’Islanda ma anche d’Europa. Fermiamo le nostre auto a Skaftafell, luogo da cui, dopo una breve camminata, si può arrivare ai piedi di questo gigante di ghiaccio. Osservarlo da vicino è davvero impressionante, dinanzi i blocchi di ghiaccio che si sono staccati hanno dato vita ad una piccola laguna con stupendi iceberg. Vorremmo restare ore a contemplare questa bellezza della natura, ma il poco tempo a nostra disposizione ci porta ad andare via.
Pochi chilometri ed arriviamo alla laguna ghiacciata di Jokursarlon, location di moltissimi film, talmente grande che l’occhio fa fatica a realizzare dove sia la linea dell’orizzonte. Enormi iceberg si muovono lentamente nella baia, sembrano quasi fluttuare sull’acqua, ognuno ha un colore diverso: bianco, azzurro, cobalto e turchese. La fine del viaggio per questi iceberg è il mare che dopo averli ricevuti, per effetto dell’alta marea restituisce una parte alla baia, mentre un’altra ritorna sulla spiaggia nera. Dall’Italia avevo prenotato l’escursione alla grotta di ghiaccio, ma purtroppo trenta minuti prima dell’appuntamento prefissato mi chiama l’agenzia dicendomi che la pioggia degli scorsi giorni ha reso impossibile l’ingresso alla grotta, ma ci rincuora dicendo che in serata andrà alla laguna per verificare la fattibilità per domani mattina. Dopo aver goduto dello splendido tramonto sulla spiaggia nera ripartiamo verso Hofn, località famosa per gli scampi. Difatti per stasera niente cena in ostello, ma tutti nello storico ristorante Pakkhus. Puntuale alle undici di sera arriva il tanto atteso sms dall’agenzia che recita: “La grotta è praticabile”. Avviso tutto il gruppo, domani sveglia alle 5.15, alle 7 dovremo essere al meeting point.
E’ ancora buio quando ripartiamo per la laguna di Jokursarlon, non fa molto freddo ed il cielo è pieno di stelle. In auto tutti dormono, io ammiro il sole che piano piano sta nascendo, i colori del cielo cambiano lentamente, che spettacolo. In poco meno di un'ora siamo al parcheggio dela laguna e dopo aver incontrato John, la nostra guida, lasciamo velocemente le nostre auto per salire su due automezzi molto più simili a camion militari che a pulmini per turisti. Lasciamo velocemente la strada asfaltata e di colpo siamo catapultati in un’altra dimensione, ovunque getti lo sguardo intorno a me vedo solo ghiaccio, cavolo siamo nel Vatnajokull!
I raggi rossi del sole nascente si infrangono prepotentemente lungo il ghiacciaio, una luce rosa accarezza i picchi delle montagne innevate. Sono estasiato, senza parole, alcune lacrime bagnano il mio viso, una sensazione del genere l’avevo provata solo nel deserto del Gobi in Mongolia. Intorno a me i miei compagni di viaggio sono tutti in religioso silenzio, ognuno assorto dai suoi pensieri, la magia della natura ha colpito tutti. Restiamo immobili per alcuni minuti, c'è una calma quasi irreale, ma poi arriva il nostro driver che con voce pacata mi dice: “La grotta di ghiaccio è vicina”.
Attraversiamo alcune colline completamente ghiacciate ed eccola apparire, siamo all’entrata della grotta di ghiaccio. Per sicureza ci fanno indossare ramponi e casco di protezione, costatiamo subito che si può entrare solo per poche decine di metri, l’acqua invade tutto, ma nessun problema, quello che si apre davanti ai nostri occhi non sembra reale: una caverna di ghiaccio dalle mille tonalità di blu ci lascia nuovamente senza parole. I raggi del sole ancora bassi, riescono a filtrare direttamente al suo interno, creando anche qui un gioco di luci incredibile. Non ci resta ancora una volta che restare immobili a contemplare tanta bellezza. Ritorniamo felici e soddisfatti al parcheggio della laguna e dopo una colazione veloce, partiamo per il lago Myvtan. Quest’oggi ci attende la tappa più lunga ed impegnativa del viaggio,difatti dopo aver lasciato la costa sud orientale andremo verso l’interno dell’isola e dovremo verificare la percorribilità delle strade.
Ci accorgiamo subito dei disagi perchè appena tentiamo di lasciare la costa e dirigerci verso l'interno dell'isola troviamo solo cartelli che segnalano che le strade sono chiuse. Allunghiamo di non poco il tragitto e difatti arriviamo alla cittadina di Eggilstadir che è già tardo pomeriggio, ma soprattutto dopo aver macinato oltre 300km! Chiamo l’ostello per avvisare che arriveremo tardi, mancano infatti ancora 200km, ma soprattutto il sole che ci ha accompagnato per tutta la giornata ha lasciato il posto ad una fitta neve. Percorriamo le ultime centinaia di chilometri sperando di non trovare nessun cartello che indichi strada chiusa, viaggiamo difatti ad una velocità moderata e finalmente, dopo quasi 10 ore di viaggio, arriviamo all'ostello sani e salvi.
Quest’oggi la sveglia suona più tardi, la giornata dedicata alla visita delle bellezze del lago Myvtan comincia con estrema calma. La prima tappa è il vulcano Hverfell che dista pochi minuti di auto dall’ostello, purtroppo la visibilità è scarsa, ed il vulcano si intravede a mala pena, ma poco importa, fermiamo le auto alle pendici del cratere e cominciamo a camminare. C’è tanta neve, ed allora quale migliore occasione per tirarcela addosso come bambini? Sono momenti davvero belli, il gruppo è molto affiatato e lo si nota da queste piccole cose. Passiamo diversi minuti a scattare foto ricordo in pose divertenti per poi andare in pochi minuti alle grotte di Gjotagja. All'interno di quest'ultime ci sono pozze d'acqua molta calda con temperatura tra i 45 e 50 gradi. La zona è davvero interessante anche perché è evidente un’altra frattura della terra che, ci accorgiamo subito, è collegata a quella ben più famosa di Pingvellir. In lontananza avvistiamo il più alto e minaccioso vulcano Krafla, alto poco più di 800mt. Fortunatamente il tempo sta migliorando ed allora decidiamo di salire in vetta per godere dell'incredibile panorama su tutta la caldera del Krafla. La vista dalla sommita del cratere è da cartolina: appena sotto di noi una grande centrale geotermica, che quasi incute terrore, poco più avanti completano lo scenario il cratere dell’Hergafell e le fumarole di Namafjall.
Il lago Myvtan è famoso anche per il suo stabilimento termale, secondo per dimensioni solo alla Blue Lagoon. Le terme completamente incastonate nelle bellezze naturali circostanti, sono un’esperienza imperdibile per chi visita l’Islanda ed allora come non andarci? Il termometro quest’oggi segna una temperatura di circa 0°, poco importa, il grande freddo ci fa mettere subito il costume e buttarci velocemente in acqua, dove la temperatura è decisamente più piacevole. Trascorriamo qui alcune ore nell’ozio totale, rigenerando corpo e mente, alzo lo sguardo al cielo e noto che le nuvole sono oramai andate completamente via, penso e spero che questa possa essere davvero la serata giusta per vedere la tanto attesa aurora boreale.
Ed eccoci a tavola gustando le ultime forchettate della cena, quando sentiamo qualcuno di noi urlare: “C’è l’aurora!”. Ci catapultiamo fuori con le stessa velocità di come avesse detto: “Terremoto”. Lasciamo piatti e bicchieri sulla tavola, in pochi secondi siamo tutti in auto, in pochi minuti siamo già in mezzo in un luogo senza luci. Il cielo sembra danzare, flussi di luce verde si muovono nell’etere creando forme incredibili, migliaia di stelle brillano fortemente, è uno spettacolo magico. Le foto si susseguono una dietro l’altra accompagnate da urla di gioia. Fa freddo ma a nessuno sembri interessare più di tanto, il tempo passa veloce e l’aurora gioca con noi aumentando e diminuendo di intensità continuamente, ma soprattutto creando sempre forme diverse.
La partenza di oggi ha un sapore diverso, siamo tutti felici ed appagati per l’incredibile giornata di ieri, ci avviamo verso Akureiki, la capitale del nord, accompagnati sempre dallo splendido paesaggio innevato. Dopo circa un’ora di viaggio ci fermiamo per visitare un’altra spettacolare cascata, quella di Godafoss, che in verità non mi entusiasma molto. In poco tempo siamo ad Akureiki dove sostiamo brevemente per un veloce pranzo per poi ripartire verso il fiordo di Siglufiordur. Arriviamo all’omonima cittadina tramite un lunghissimo tunnel che da una decina di anni la collega al lato est della penisola. Siglufiordur un tempo era la capitale della pesca all'aringa ed ancora oggi molte persone vi lavoravano tutto l'anno. Questo fiordo è diverso dagli altri, le montagne sono alte e cadono a picco nel mare, oltre al piccolo centro abitato non c’è davvero nulla. Proseguiamo con le nostre auto arrivando fino al faro di Saudaner, punto più a nord del nostro viaggio, ci troviamo a soli 300km dal Circolo Polare Artico. Purtroppo le cattive condizioni della strada ci costringono a tornare indietro verso Akureiki e rintanarci nel nostro ostello.
Quest’oggi lasciamo velocemente la Ring Road per imboccare la strada 716, siamo nella penisola di Osar, la terra delle foche. Qui il vento è il protagonista assoluto, tanto violento e forte che a tratti sembra quasi ti prenda a schiaffi. Assurdo non c'è neve, il paesaggio e completamente cambiato, ci fermiamo nei pressi di Hvitserku col suo gigantesco faraglione, protagonista della leggenda che lo vuole troll pietrificato per essersi avvicinato troppo ad un monastero. A passo veloce ci incamminiamo verso la spiaggia e riusciamo ad avvistare alcune foche sugli scogli. Cerchiamo di non farci vedere, ma siamo troppi e le foche, una alla volta, si buttano in acqua.
E' trascorsa una settimana dal mio arrivo in Islanda e la cosa che mi ha colpito di più è stata la varietà di paesaggi che offre quest'isola, pochi luoghi al mondo mi hanno saputo regalare tante emozioni. Basta davvero uscire dalla Ring Road, la strada principale, per ritrovarsi in luoghi incantati, dove la natura selvaggia è la protagonista assoluta.
Quest'oggi è la volta della strada 54 che ci dà il benvenuto nella penisola di Snæfellsnes. Stykkishölmur è la città più famosa della penisola e ci si arriva percorrendo una strada ricca di incredibili pianure e montagne con tanti laghi e ruscelli. Dal porto della città partono i traghetti per i territori del Nord-Ovest, per la Groenlandia, il faro che domina la zona si erge sulla collina dominante e la vista dalla cima è come sempre meravigliosa. Poco distante da Stykkisholmur c’è Helgafell, la montagna sacra, alta appena 73mt, la leggenda vuole che chiunque scelga di salire in vetta lo debba fare senza mai voltarsi indietro ed esprimendo tre desideri, che il Dio Thor esaudirà solo se saranno mossi da nobili ideali. In religioso silenzio ed uno per volta, tutti noi saliamo sulla piccola montagna, arrivati in vetta ognuo resta per i fatti suoi facendo, forse, volare la mente verso epoche lontane fatte di leggende e storie incredibili. Continuiamo la visita della penisola facendoci ammaliare da paesaggi di rara bellezza, incontriamo infatti il simbolo per eccellenza delle bellezze naturali islandesi, la spettacolare montagna Kirkjufell, la cui strana forma conica cambia da ogni angolatura. Spinti più dalla curiosità che dalla voglia di vedere un museo, facciamo l'ultimo stop della giornata al museo dello squalo putrefatto, che si rivela essere invece l’iniziativa di un cacciatore di squali, che mostra con orgoglio come si catturano i grossi pesci e soprattutto come avviene lo schifoso processo di putrefazione della carne.
Siamo agli sgoccioli del viaggio e prima di arrivare a Reykjavik, capolinea del nostro viaggio, passiamo la notte a Borgarnes, distante appena 70km dalla capitale. Il B&B prenotato è semplicemente meraviglioso, una location speciale che ci regala attimi di riflessione sul viaggio che si sta concludendo.
Reykjavik ci accoglie con un cielo pieno di nubi ed una sottile e persistente pioggia, dopo poche decine di minuti nel visitare la città ci accorgiamo che Reykjavik non ha nulla a che fare col resto dell’Islanda. Il lungomare, abbastanza anonimo, è impreziosito solo dal monumento simbolo della città, il Solfar, una scultura in acciaio che ricorda lo scheletro di una nave vichinga. Alla fine della passeggiata sorge il centro culturale Harpa, un enorme edificio in vetro, che affacciato sul porto, con le sue pareti in vetro riflette la luce e l'ambiente circostante in modo davvero particolare, trascorriamo poi il resto della giornata oziando per il centro che oltre a bellissimi murales offre ben poco.
L’ultima cena del viaggio è in un pub con musica dal vivo, siamo tutti allegri, ma in fondo tutti nascondiamo un velo di tristezza per il viaggio che è finito. L’Islanda con la sua semplice e naturale bellezza ci ha stregato, facendoci ammirare luoghi selvaggi ed incontaminati che ci hanno fatto capire di come la natura non vada distrutta o alterata, ma solo preservata. Qui la “la mano” orrenda dell’uomo non ha ancora poggiato il suo palmo e spero vivamente che non accada mai, l'Islanda è un patrimonio per l'intera umanità e deve essere di monito per le future generazioni.