Da Abu Simbel alle Piramidi di Giza
Le moto, nostre fedeli compagne di viaggio, non ci sono più. L’ultima parte di questa immensa cavalcata in terra d’Africa comincia con l’amaro in bocca. La sorte ha giocato contro di noi o meglio l’enorme superficialità di Renato è stata pagata a caro prezzo. Nulla da fare, l’ultimo tassello del puzzle, l’Egitto, che doveva essere l’undicesimo ed ultimo paese del TransAfrica motoraid, dovrà essere fatto “a piedi”. Una parte di me ha voglia di tornare in Italia e lasciare il viaggio in sospeso, ma poi mi sono detto “Sospeso di cosa?”. Adesso sono in Egitto, sarebbe davvero da stupidi mollare tutto e tornare senza visitare questo paese dall’enorme fascino.
Sono le 7 del mattino quando, con Sasà, varchiamo i cancelli d’ingresso di uno dei templi più importanti al mondo, quello di Abu Simbel. Sotto di noi, dominante, c’è l’immensa distesa d’acqua del Lago Nasser, il bacino creato dallo sbarramento sul Nilo per dare nuove risorse ad una zona notoriamente desertica.
Maestoso. Perfetto. Magico. Sono immobile e senza parole. Nessuna foto, nessun racconto può rendere pienamente merito a tanta magnificenza, se non emozionarsi con i propri occhi. E’ la più grande opera, del più grande faraone che la storia ricordi. Ramses II, colui che si definì Dio in vita. Il sito archeologico è quasi completamente vuoto, il sole è ancora basso in cielo, vige un’atmosfera austera. La pietra gialla ha tonalità rossastre grazie ai penetranti raggi del sole, sembra quasi velluto. E pensare che nel 1968 l’umanità stava perdendo per sempre questa meraviglia. Il grande lago artificiale Nasser stava per inghiottire per sempre nelle proprie acque il grande tempio, fu solo grazie al provvidenziale intervento dei tecnici di un centinaio di paesi che, dopo aver segato in numerosi blocchi, numerando l’intera opera, la spostò di circa 200mt e 64m più in alto, evitandone la perdita.
Lasciamo Abu Simbel e con un auto a nolo partiamo per Luxor. Adesso è tutto diverso, ci sentiamo in gabbia, ci mancano le nostre moto, ci manca il senso di libertà che solo un mezzo a due ruote sa regalare. Dopo circa tre ore di viaggio arriviamo ad Aswan, ci concediamo una breve pausa visitando il tempio di Filae. Saliamo su una delle tipiche barche e dopo aver navigato un piccolo tratto del Nilo arriviamo al tempio. E' un posto stupendo con un paesaggio mozzafiato, ma non paragonabile ad Abu Simbel. Riprendiamo la strada per Luxor, dobbiamo ancora macinare 250km, il paesaggio adesso è completamente cambiato: centri abitati costituiti da orrendi condomini, si susseguono uno dietro l’altro. Il colore delle case è giallo opaco o marrone, fumi maleodoranti che infestano la strada e continui posti di blocco, con militari in assetto da guerra, completano lo scenario. Arriviamo a Luxor che è già sera, l’impatto è buono, l’idea è che sia completamente diversa da quanto visto finora. Siamo stanchi e spossati per il lungo viaggio, non ci resta che andare a letto e riposare.
Luxor, comunemente conosciuta come “La città dei Faraoni” è quella che meglio rappresenta la storia dell’Egitto antico. Di buon mattino incontriamo subito la guida che sarà con noi per questi due giorni. Ci spiega subito cosa vedremo ed in pochi minuti attraversiamo il Nilo recandoci sulla sponda opposta. La guida ci spiega che la riva ovest, dove tramonta il sole, è il luogo dove gli antichi egizi hanno seppellito i faraoni del Nuovo Regno, qui c’è la famosa Valle dei Re ed il tempio della regina Hatshepsut. La riva est, invece, dove sorge il sole, è il luogo dove viveva il popolo e si trova il tempio più grande al mondo, quello di Karnak.
Sebbene sia vicina al fiume, la Valle dei Re è celata da alte rocce e la via d'accesso è lunga, stretta e tortuosa. Prima del Nuovo Regno le necropoli reali erano costituite solo da complessi formati da piramidi e templi, poi Amenofi I nel 1551 a.C. ruppe la tradizione, facendo costruire la propria tomba tra le rocce, abbandonando la tradizione delle piramidi. I suoi successori ne seguirono l'esempio, scegliendo di costruire le tombe all'interno della valle, probabilmente per cercare di impedire che fossero depredate. Gli scavi effettuati in epoca moderna hanno portato alla luce 34 tombe. L'ultima tomba, scoperta nel 1922, fu quella del famoso Tutankhamon, l'unica scampata ai saccheggi dei tombaroli.
Per guardare la sua tomba bisogna pagare un ticket suppletivo, ma ne vale la pena, anche perché è l’unica attraverso la quale ci si può rendere conto di quanti e quali beni materiali gli egizi mettevano accanto al corpo senza vita del faraone. Tutankhamon morì a soli 19 anni è sono stati ritrovati oltre 5000 oggetti, non oso immaginare cosa ci sia potuto essere affianco alla tomba di Ramses II. Oggi tutto è conservato come allora, anche la mummia, manca solo la maschera in oro massiccio che è stata portata al museo egizio del Cairo.
Lasciamo la Valle dei Re, per visitare uno dei templi più controversi della storia egizia, quello dedicato alla Regina Hatshepsut, o Re Hatshepsut, come amava essere chiamata. Fu l'unica presenza femminile nella storia ad essere rappresentata, sia come donna che come uomo, vestita con abiti maschili, dotata di accessori maschili e addirittura della barba finta tradizionalmente esibita dai faraoni. L’unica donna che, sposando il fratellastro Thutmosis II, riuscì a sfidare la tradizione e a installarsi saldamente sul trono divino dei faraoni. Nonostante durante il suo regno l'Egitto prosperasse, dopo la sua morte, si cercò con ogni mezzo di cancellare il suo nome e la sua immagine. I monumenti di Hatshepsut furono abbattuti, i ritratti distrutti e il nome cancellato dalla storia e dall'elenco ufficiale dei re egizi. L’unica cosa rimasta fino ai nostri giorni è il grande tempio, edificato dal famoso architetto Senmut, di cui si dice fosse amante, è rimasto fino ai giorni nostri. La costruzione, incastonata in un costone roccioso, sorprende per la bellezza del contesto e la perfezione delle forme: una serie di rampe conduce a tre livelli sovrapposti che si susseguono disposti su ampie terrazze prima di giungere al sacrario principale.
Luxor è davvero ricca di storia, continuando la visita ci imbattiamo nel Ramesseum, il tempio funerario del grande faraone Ramses II. I resti sono imponenti e maestosi e impressionano, come tutte le opere che il grande faraone ha lasciato ai posteri. L’imponente costruzione si compone di due grandi cortili, ognuno con ingresso monumentale, circondati da mura possenti su cui sono incise le memorie delle vittoriose imprese del faraone. Terminiamo la giornata con i colossi di Memnone, le statue successivamente alla morte del faraone divennero già famose nell'antichità, quando, in seguito al loro progressivo degrado, da una di esse si propagarono dei rumori, che all'epoca furono interpretati come il saluto dell'omonimo eroe a sua madre.
La mattina dopo visitiamo il tempio più grande al mondo, quello di Karnak. Stupendo nella sua imponenza, il sito è costituito da immense colonne, se ne contano ben 134, a fior di loto che ti fanno sentire minuscolo. Poco più in là i due obelischi che puntano al cielo e lo scarabeo dove i turisti, secondo la tradizione, fanno sette giri intorno al piedistallo in segno di porta fortuna. A soli tre chilometri da Karnak sorge il tempio di Luxor, da cui prende il nome la città. E’ la nostra ultima visita. Resta poco oggi di quello che un tempo doveva essere sicuramente un’altra meraviglia. Il tempio durante il periodo della dominazione araba fu completamente abbandonato, fino a quando nel XIII secolo vi venne edificata la Moschea di Abu el Haggag, che oggi sovrasta il cortile delle colonne.
Lasciamo Luxor felici e con gli occhi pieni di immagini difficili da dimenticare. Il nostro volo impiega circa un’ora e trenta, siamo nella capitale Il Cairo, ultima tappa di questo viaggio. Qui vivono quasi 25 milioni di persone avvolti da un caos inimmaginabile, Il Cairo è bagnata dal Nilo, attorno e lungo il quale scorre la vita della capitale. E’ la città delle Piramidi, della Cittadella di Saladino, del più grande museo egizio al mondo. La curiosità è tanta, ci facciamo accompagnare subito dal taxi sulla piana di Giza, assistiamo ad un spettacolo serale con le piramidi illuminate. E’ solo il preludio di quello che vedremo domattina.
Circa trenta minuti di taxi ed eccoci nuovamente a Giza, ma questa volta c’è il sole! Monumentale. Eterna. Finalmente osservo con i miei occhi queste opere incredibili. È il complesso megalitico più grande del mondo e, non a caso, è anche l'unica delle Sette Meraviglie del mondo antico rimasta ancora in piedi. L’impatto è veramente stupendo: ti dà il senso del grandioso. La grande piramide di Cheope, si staglia nel limpido cielo di fronte a noi, poco distante quella di Chefren e poi Micerino, a guardia delle quali, è posta l’enigmatica Sfinge. Che dire, è davvero difficile esprimere a parole ciò che si prova quando ci si trova al cospetto di queste ciclopiche costruzioni ed è difficile credere che siano stati gli uomini a realizzarle migliaia di anni fa. I misteri che avvolgono questa necropoli non si contano, ed è bello quando si è qui lasciarsi trasportare da questa forte energia. Poco distante c’è la Sfinge metà uomo e metà leone, la statua che sembra essere posta guardia delle piramidi. Lunga 73 metri, larga 6 metri, raggiunge un'altezza di 20 metri. Osservala mette quasi soggezione, bellissima ed imponente, per secoli è stata sommersa dalla sabbia è riportata alla luce solo grazie a scavi archeologici dei primi del novecento.
Dopo pranzo siamo a Menphi, capitale del regno antico, dove ammiriamo un’altra sfinge, quella di alabastro ed il testone di Ramses II. Questo luogo purtroppo non mi affascina per niente, dopo aver visto le piramidi difficile incontrare qualcosa che susciti emozioni particolari. Ultima tappa della giornata è la necropoli di Saqqara, il cui monumento più rappresentativo è la piramide di Djoser, meglio conosciuta sotto il nome di piramide a gradoni, che è forse la più antica piramide esistente, risale infatti al 2630 a.C. e fu costruita dall’architetto e medico Imhotep. Sarà forse suggestione, ma in questo luogo avverto un’energia particolare. Solo pensare che questo luogo sia stato la culla di una delle più grandi civiltà di tutti i tempi mette i brividi.
E’ il nostro ultimo giorno al Cairo e lo cominciamo con la visita alla cittadella ed alla moschea di Mohammed Alì, la più importante d’Egitto, vero gioiello di architettura araba. Il centro storico della capitale è un susseguirsi di vicoli e vicoletti, dove è facilissimo perdersi. Arriviamo nel quartiere copto ed entriamo in alcune chiese, quella più bella è dedicata a Santa Barbara. Affascinante notare come lo stile sia completamente diverso da quello cattolico. Nel pomeriggio il programma ci porta al museo egizio dove ci soffermiamo sui reperti più rilevanti. Giunti davanti alla maschera di Tutankhamon, l’emozione mi assale. E’ spettacolare, ben 111kg di oro massiccio, finemente decorati. Non si possono fare foto ed allora resto fermo a guardarla, quasi in contemplazione, da tutte le angolazioni possibili, è davvero un gioiello di inestimabile bellezza.
Proseguo nella visita del museo che in verità mi delude, non tanto per i reperti archeologici, che non si contano, ma per il modo grottesco col quale sono ammassati e la poca luce che non valorizza per niente i reperti. Torniamo in albergo. E’ l’ultima sera, domani abbiamo il volo per l’Italia. C’è una parte di me che non vede l’ora, un’altra che monterebbe nuovamente su una moto per ritornare in Etiopia e ricominciare d’accapo.
L’Egitto mi ha lasciato sensazioni contrastanti: da un lato la sua immensa storia, che a distanza di migliaia di anni è ancora qui presente e viva; dall’altro un popolo che non appartiene più a quella antica civiltà di 3000 anni fa. Una nazione che si culla del suo passato, divisa oggi da un islamismo molto forte, ma sempre con un occhio attento al mondo occidentale che fa gola.