L'incontro con gli Huaroani, la fitta selva verso il Perù
Finalmente il grande giorno è arrivato, la spedizione ha inizio! Prima tappa è la città di Quito in Ecuador dove ci fermiamo per intervistare il grande antropologo Mauro Burzio. Dopo una breve visita alla città ci dirigiamo veloci alla stazione dei pullman in attesa del bus notturno che ci porterà nella cittadina di Coca. Una meta importante, che segnò il confine tra la civiltà moderna, che ci stavamo accingendo a lasciare e un mondo nuovo, ancora tutto da scoprire, fatto solo di natura selvaggia. A Coca abbiamo modo di fare gli ultimi acquisti prima di partire, prendiamo l’acqua e gli stivali in gomma che si rileveranno molto utili lungo tutto il percorso, carichiamo i viveri per la spedizione su un autocarro con panche e andiamo alla stazione di polizia per registrare i passaporti. Molti erano i pensieri che attanagliavano la mia mente, ma uno su tutti aveva il sopravvento: il sogno stava prendendo forma per diventare realtà!
Dopo tre ore di strada sconnessa siamo all’imboccatura del fiume, il ponte Yasunì. Conosciamo gli indios che ci accompagneranno nella foresta ed il guja, Braulio, un ex militare dell’esercito ecuadoriano. Due grandi canoe, una destinata al trasporto dei viveri, una per noi, ci cullarono in una navigazione lenta, interrotta solo dai molteplici suoni della foresta e da avvistamenti di grandi farfalle azzurre: Morpho, alcune tartarughe e rari caimani, ormai eravamo calati in un'altra dimensione: la foresta.
Non c’è connessione per i cellulari, i contatti col mondo esterno sono terminati, siamo noi e la foresta. Alessandro osserva il mio sguardo di bambino sorpreso e mi dice: vedrai che col trascorrere dei giorni, in maniera naturale, ti spoglierai del tuo occidentalismo e ti avvicinerai ad una dimensione molto più naturale dell’essere umano, le tue giornate saranno scandite da albe e tramonti e tutto quello che finora hai ritenuto necessario ti parrà di colpo superfluo.
Dopo poche ore, sistemiamo il nostro accampamento lungo un' ampia spiaggia, la giornata è stata calda, di fronte a me il fiume. Lo osservo timoroso, pensando a cosa si nascondesse sotto quelle acque color sabbia, piranha, caimani o altri strani esseri viventi? Ho timore non lo nego, anche perché il rischio è reale, vedo però che i nostri amici indios si svestono e con disinvoltura si lanciano in acqua, che faccio allora??? Prendo coraggio e mi butto in acqua.
La prima notte in foresta scorre tranquilla con le sonorità amazzoniche a fare da sottofondo. La sveglia suona presto, oggi la spedizione entra nel clou poiché dovremo attraversare il territorio dei temibili Tagaeri (un’etnia indios che vive in isolamento volontario). I Tagaeri non vogliono essere contattati dall’uomo bianco e se qualcuno cerca di avvicinarli possono essere anche aggressivi. C’è tensione sulle canoe, nessuno parla e gli sguardi sono continuamente rivolti alle sponde, fortunatamente passiamo indenni il territorio.
Abbandoniamo il Rio Yasunì per ritrovarci sul piccolo Rio Cononaco. Il fiume è molto stretto, sembra quasi che gli alberi ci arrivino addosso. Purtroppo non troviamo spiagge per fermarci, di colpo arriva il tramonto e l’oscurità scende sulla foresta, non abbiamo più tempo per riflettere. “Dobbiamo fermarci!” grida Alessandro “non possiamo continuare!”. Braulio allora aguzza lo sguardo e per fortuna trova un piccolissimo pezzo di spiaggia. La spiaggetta è in forte dislivello, ma è l’unico modo per fermarsi. La notte passa insonne, anche a causa della posizione poco comoda della tenda. L’umore la mattina non è dei migliori, tutti siamo un po’ nervosi, colpa degli insetti, i loro morsi hanno cominciato a dilaniarci polpacci e caviglie. L’acqua ha abbandonato il suo solito color sabbia e riflette le immagini degli alberi. Dopo colazione ci imbarchiamo e navigando entriamo nel Rio Tiguino, dove incontriamo il primo villaggio Huaorani.
L’incontro è davvero emozionante, siamo accolti dal capo villaggio e dal resto delle famiglie. Sono quasi tutti nudi, ci fanno vedere la casa e gli animali, sorseggiando la chicha (bevanda tipica degli indios amazzonici) ci raccontano delle loro usanze. Awa con altri guerrieri Huao e alcuni bambini, ci accompagnano poi nella selva con le loro lunghe cerbottane per mostrarci le tecniche di caccia.
Alessandro aveva ragione, il mio occidentalismo si sta perdendo, la magia della foresta mi avvolge. Riprendiamo la navigazione e questa volta incontriamo una comunità Huao molto più grande, ci vedono arrivare da lontano e sembrano più emozionati di noi, i loro volti sorridenti ci riempiono di gioia. Alessandro decide di fermarsi qui per qualche giorno in modo da poter vivere da vicino questa splendida realtà.
Ci immergiamo anima e corpo nella comunità Huao, la magia dell’Amazzonia ci rapisce.
Questo pezzo di foresta è bellissimo, estremamente vergine, con numerose specie di felci e palme, anche giganti, moltissimi gli uccelli che si possono osservare, incontriamo termitai e formicai con formiche anche giganti. Andiamo nella selva con le guide, beviamo dalla liana dell’acqua (palo de agua), impariamo ad intrecciare i cesti. Gli indios conoscono bene la foresta, utilizzano le piante anestetiche, quelle per far crescere i capelli e per tingerli, quelle per curare le malattie, quelle da cui ricavano fibre da intrecciare. Rientrati al villaggio è tempo di fare un po’ di bucato, poi un ricco e rilassante bagno nel fiume.
La vita al villaggio scorre lenta ma felice, la mattina appena sveglio trovo un piccolo gruppo di bambini che curiosi dietro un albero mi osservano mentre sbrigo le mie cose, faccio loro segno di avvicinarsi ed eccoli arrivare come dei fulmini, sono belli, sorridenti e soprattutto sprizzano energia da tutti i pori, svestiti, senza scarpe, senza giocattoli, eppure sono felici, ma quanto sono felici! E così mi persi nel vederli correre verso il fiume ed è in questi momenti che hai modo di riflettere su come la felicita' regni non nel benessere ma nell' essenziale, dove a mancare sono anche i bisogni primari pero' c' e' il sorriso. Continuo a mettere ordine nelle mie cose, pulisco gli stivali, passo il solito balsamo di tigre sulle gambe per tenere lontano gli acari che si annidano sulle foglie, mi rivesto e pronto andiamo a conoscere i vecchi capi Kemperi, Bay, Minihua, Ahua, Gava. In questo preciso momento razionalizzo di quanto sono fortunato e come un tamburo rimbombano nelle mie orecchie le parole di Mauro Burzio “non sapete quanto siete fortunati ad avere la possibilità di conoscere, forse, gli ultimi veri indios della selva amazzonica”. Sembra di essere in un film, la foresta, gli indios, il dolce scorrere del fiume. I giorni scorrono piacevoli ed oggi la sveglia suona presto, andiamo nella foresta con i capi villaggio, per cercare la liana del curaro e apprendere tecniche di caccia con la cerbottana. Lungo il sentiero Martinez caccia due uccelli con le frecce curarizzate e Minihua ci mostra la lavorazione della fibra ottenuta dalla palma chambira, che viene utilizzata per preparare amache e borse. Rientrati al villaggio, nella capanna di Bay assistiamo poi al procedimento di estrazione del curaro, e prima del tramonto con Kemperi andiamo in una vicina laguna, dove ci sono delle anaconda. Il paesaggio è surreale e con la piccola canoa ci immergiamo in un mondo spettrale, restiamo per circa un’ora nell’attesa di incontrare l’anaconda, ma purtroppo non la vedremo. Trascorriamo l’ultima sera al villaggio davanti ad un gran falò, domani infatti Alessandro ha deciso di proseguire il viaggio attraversando la foresta a piedi per 4 giorni. Tutto ciò consentirà di arrivare in un villaggio di petroleros e riprendere il Rio Yasunì fino al confine col Perù.
Non esiste nessun sentiero, i nostri bravi portatori ci aprono la strada con i loro machete. Il paesaggio è spettacolare, estremamente selvaggio, la foresta è intatta, fitta e rigogliosa, ricca di felci giganti, alberi altissimi e radici aeree. Il fango risucchia i nostri stivali e rende difficoltoso il cammino. La marcia prosegue, alternando ripide salite a tratti pianeggianti tra passaggi impervi. Guadiamo numerosi fiumi e ruscelli gonfi d’acqua su tronchi traballanti, viscidi e stretti, creando dei corrimano con grosse liane e a volte utilizzando il cordino. Stanchi per il difficile cammino, decidiamo di pernottare in un grande spiazzo nei pressi di un fiume, una miriade di urla e grida di uccelli sconosciuti ci accompagnerà per tutta la notte. Dormiamo poco e all’alba, dopo una rapida colazione, smontiamo il campo e ci rimettiamo i vestiti bagnati. Proseguiamo la marcia in mezzo alla fitta foresta e al fango, dopo poco tempo viene giù un violento acquazzone, indossiamo le mantelle e continuiamo a camminare. È difficile, dura, gli stivali affondano continuamente nel fango e mantenere l’equilibrio è difficoltoso, ma non possiamo fermarci né trovare riparo da nessuna parte, è la giornata più pesante del viaggio. Il cielo scuro ed i fitti alberi fanno arrivare presto la notte, dobbiamo montare il campo, ma questa volta è davvero un’impresa. Siamo immersi nell’acqua, ci facciamo coraggio e piano piano, dandoci una mano l’uno con l’altro riusciamo a montare qualche tenda, accendiamo il fuoco, (sempre importante perché tiene gli animali selvaggi lontani), intanto ha smesso di piovere e le nuvole lasciano il posto al cielo stellato. L’indomani ripartiamo sotto un bel sole ma la carovana si muove lenta, i portatori richiedono più soste, il sentiero è molto fangoso e rende difficile il cammino con gli zaini che pesano. D’un tratto incontriamo il rio Nashino ma il fiume è in piena ed il lungo tronco che serve per il guado è coperto da mezzo metro di acqua che scorrendo veloce crea forti correnti! Se vogliamo proseguire non abbiamo altra strada, dobbiamo andare avanti per forza. Tutto intorno è allagato, il paesaggio incantato e il silenzio rotto solo dal suono dell’acqua che scorre, ci facciamo coraggio e presi per mano l’uno con l’altro, aiutati dal cordino teso a formare un corrimano, uno per volta attraversiamo il fiume in piena sul tronco. Proseguiamo con l’acqua fino al petto per almeno 30 minuti, l’adrenalina è altissima. Riprendiamo il sentiero fangoso e nel primo pomeriggio sostiamo per un nuovo accampamento, siamo stanchi, sono giorni intensi, la foresta è dura e poi i moskitos stanno facendo strage di noi.
Appena cala la luce siamo in tenda a dormire, domani avremo un'altra lunga tappa. Ci svegliamo col buio e dopo aver smontato le tende cominciamo a camminare, prevediamo per oggi di arrivare fino al fiume Yasuni, dove incontreremo Flor e Walter con la barca, finalmente usciremo dalla foresta. Alle 6.30 siamo già in marcia, il percorso è sempre molto fangoso. È quasi tutto in piano, con alcuni guadi impegnativi, a tratti pioviggina. Intorno a mezzogiorno usciamo dalla foresta e ritroviamo il sole, è una sensazione strana perché negli ultimi 4 giorni abbiamo visto poca luce, la fitta foresta e le continue piogge hanno caratterizzato le nostre giornate.
Mancano 500 metri alla strada della Compagnia petrolifera e qui aspettiamo sotto il sole per circa due ore l’arrivo del camion che ci accompagna fino al Rio Yasuni’. Troviamo la barca ad aspettarci e dopo una navigazione di circa un’ora ci accampiamo in una capanna lungo il fiume. Durante il solito bagno serale scopriamo che alcuni di noi hanno contratto la micosi ai piedi, la curiamo con impacchi di acqua bollente salata e aglio, i nostri corpi sono dilaniati dai morsi di zanzare, sembra di avere il morbillo, siamo molto provati. I 4 giorni nella selva hanno messo a dura prova le nostre energie: abbiamo camminato per giorni sotto un caldo umido incessante con maglie a maniche lunghe e grandi foular al collo, ma le zanzare erano sempre lì a farci compagnia, soprattutto all’alba ed al tramonto, ci assalgono in tutti i punti del corpo.
Questa mattina ci svegliamo col sole e riprendiamo la navigazione in modo lento, siamo nella stagione secca quindi il livello del fiume è molto basso e dall’acqua affiorano numerosi tronchi d’albero, fino ad un blocco creato da diversi alberi caduti sul fiume. Braulio con molte difficoltà riesce a creare un varco. Il fiume è abbastanza stretto e questo ci permette di scoprire un anaconda addormentata al sole su un tronco galleggiante, è impressionante per quanto è grande. Più in là vediamo una famiglia di lontre giganti e centinaia di farfalle ci seguono mentre facciamo il bagno e il bucato. Scorgiamo un ruscello e subito prendiamo le taniche mezze vuote per fare rifornimento d’acqua, col nostro potabilizzatore a pompa Katalyn Mini cominciamo il lavoro di filtraggio per renderla potabile. La giornata è stata intensa e tra il tempo perso per aprire il varco e il rifornimento d’acqua decidiamo di sostare poco più avanti. Qui un bel sole caldo consente di asciugare anche le tende e gli zaini e ci godiamo la serata piacevolmente davanti al fuoco.
La giornata quest’oggi è splendida, finalmente avvertiamo il confine col Perù sempre più vicino. Purtroppo nei giorni passati la canoa è stata messa a dura prova dai notevoli colpi inflitti dai tronchi d’albero e piccole falle si sono aperte al centro, un colpo più duro potrebbe mettere a serio rischio il proseguo della navigazione. Il presagio diventa una brutta realtà, un tronco molto grosso trancia la canoa provocando una enorme falla al centro, per fortuna riusciamo a fermarci sulla prima sponda sabbiosa del fiume. Prendiamo subito consapevolezza che siamo nella merda, senza contatti col mondo esterno e nessun modo di chiedere aiuto. Quando si sarebbero accorti della nostra scomparsa sarebbe stato come trovare un ago in un pagliaio. La foresta amazzonica è immensa, quindi dovevamo risolvere da soli! Ma come fare? Ecco che l’esperienza di Alessandro è determinante: tamponare la falla con del fango argilloso! Questo stratagemma avrebbe permesso almeno di ripartire e cercare aiuto al primo villaggio. Ci rimettiamo in navigazione con tanta speranza dentro, ma anche con la consapevolezza che la situazione non è facile, appena partiti infatti la canoa comincia a fare di nuovo acqua, ma non possiamo fermarci, dobbiamo proseguire! Il fango a contatto con l’acqua si scioglie come il burro e solo un grande lavoro di squadra ci permette dopo ben 5 ore di navigazione di veder apparire un villaggio. Finalmente siamo salvi!